La Cina resta in difficoltà
Il gigante asiatico è ancora indebolito da un mix di fattori – esogeni ed endogeni – che hanno minato le sue prospettive di crescita future. I risultati dell’indice cSebbene la realtà dei fatti vada al di là dei numeri, è fuori da ogni ragionevole dubbio che il settore industriale cinese è indebolito da un rallentamento globale indotto dalle nuove condizioni macroeconomiche dell’era post-pandemica. La salita dell’inflazione, e il conseguente aumento dei tassi di interesse, hanno provocato un calo degli ordini di beni manifatturieri a livello mondiale, causando una stasi nella “fabbrica del mondo”, che ne produce in grossa quantità (dall’elettronica all’abbigliamento) e su cui si impernia gran parte della sua economia. Ad aggravare il crollo della domanda aggregata vi sono state anche le difficoltà interne date da un esaurimento dei risparmi dei consumatori, accumulatisi durante la pandemia, e dalla crisi immobiliare che continua ad attanagliare il sistema economico del Paese. Proprio questo comparto, che rappresenta circa il 30% del PIL, sta frenando la crescita, che l’anno scorso si è comunque attestata al 5,2% mentre nel 2024 si dovrebbe avvicinare al 4,5%.
Nonostante questo, ieri il sondaggio Caixin dei servizi ha segnato un valore sopra le stime a 52,9, offrendo però solo poche consolazioni. Lo stesso giorno l’agenzia di rating Fitch ha declassato ben quattro asset manager cinesi citando, a sostegno delle proprie considerazioni, “un continuo deterioramento delle condizioni economiche del Paese e la mancanza di un adeguato sostegno da parte delle autorità governative”. La decisione di Fitch arriva solo poche settimane dopo l’avvertimento di Moody’s riguardo ad un possibile downgrade relativo al debito pubblico del Paese. Insomma, la Cina non è nella migliore delle situazioni, e questo ha stupito un po’ tutti visto che il consensus si attendeva, quasi all’unanimità, una ripresa molto vigorosa dopo l’eliminazione delle misure draconiane introdotte durante la pandemia. Sebbene il governo si sia impegnato ad alleggerire le regole sul capitale minimo di alcune banche e abbia rafforzato il suo sostegno verso i costruttori immobiliari più in difficoltà, la realtà economica resta difficile. Al netto di questo non stupisce che gli indici azionari cinesi siano scesi molto per tutto il 2023, in controtendenza rispetto ai benchmark mondiali, con il CSI 300 che è stato uno dei peggiori, perdendo il 12,6% nel periodo considerato e oltre il 42% dal picco del 2021. Detto questo, le nostre strategie hedge hanno fatto bene, considerando l’anno davvero complicato per i mercati cinesi. In conclusione, gli investitori non si sbilanciano, ma restano cauti su una sovraesposizione verso gli asset cinesi, anche se le valutazioni sono ormai diventate davvero molto attraenti.
Fonti: Bloomberg, Financial Times.
Di seguito l’ultima nota settimanale del nostro ufficio di Milano.
Nota settimanale 05.01.2024
- Panoramica macro
- La Cina resta in difficoltà
- Le minute delFOMC deludono
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