La deflazione cinese
In Cina l’IPC di maggio, sotto le aspettative, si è attestato allo 0,2%, in leggera crescita rispetto allo 0,1% del mese di aprile. Anche l’indice dei prezzi di produzione è stato minore del previsto, al -4,6% (grafico sotto rappresentato). Questo stato di deflazione, ovvero di calo dei prezzi, è dovuto a un rallentamento economico, causato da una riduzione sia della domanda domestica che di quella estera.
Le cause del rallentamento economico sono molteplici. Innanzitutto, gli analisti prevedono una lenta ripresa del settore immobiliare, parte sostanziale del PIL cinese. Per supportare la crescita, il governo dovrebbe attuare nuove misure, come favorire l’ottenimento del credito per i richiedenti di mutuo. Ad ogni modo, il Paese sta tentando di allontanarsi dal settore per diversificare l’economia. Inoltre, a maggio c’è stata una contrazione del settore manufatturiero e un rallentamento della crescita dei servizi. La mancanza di produttività economica del Paese può essere in parte attribuita al tasso elevato di disoccupazione giovanile, al 20,8% il mese scorso, che abbassa i consumi. Per favorire la ripresa del Paese, serviranno sia misure fiscali che monetarie. Xi Jinping ha annunciato che il governo introdurrà stimoli fiscali, senza però specificarne il contenuto. Investitori ed economisti speravano in misure più chiare e rapide. La Banca Popolare Cinese ha annunciato un taglio dei tassi d’interesse di 10 punti base, rendendo meno costoso il rimborso del debito, incentivando consumatori e aziende a richiedere prestiti. Ad ogni modo, i mercati si aspettavano un taglio più significativo, dati gli alti livelli di debito e le poche opportunità di lavoro che rendono il popolo cinese resistente alla richiesta di credito. Se il governo dovesse aspettare troppo a lungo prima di implementare le misure necessarie, ci potrebbe essere un crollo nei livelli di confidence, sia dei consumatori, i quali risparmierebbero di più riducendo i consumi, che delle aziende e degli investitori, i quali introdurrebbero meno capitale nel Paese. Il problema è domestico, ma anche estero. Infatti, il rialzo dei tassi negli Stati Uniti e in Europa ha ridotto le esportazioni cinesi. Inoltre, a cause dei rischi posti dalle tensioni geopolitiche, gli investitori esteri richiedono un tasso di crescita particolarmente elevato per immettere capitale nel Paese. Il governo dovrebbe attuare misure per cercare di stabilizzare la posizione cinese nel commercio globale. Gli effetti del rallentamento cinese potranno ridurre l’inflazione nel resto del mondo. Potrebbe calare sia il numero delle importazioni cinesi dagli altri Paesi, che il prezzo delle importazioni degli altri Paesi dalla Cina. La diminuzione dei prezzi per il resto del mondo potrebbe anche avvenire tramite la riduzione dei costi energetici. Infatti, la Cina è l’importatore maggiore di petrolio. Riducendone la domanda a causa di un rallentamento economico, ne ridurrebbe anche il prezzo.
Fonti: Wall Street Journal, Bloomberg
Di seguito l’ultima nota settimanale del nostro ufficio di Milano.
Nota settimanale 23.06.2023
- Panoramica macro
- La deflazione cinese
- Aspettative dei mercati vs. realtà
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