La crescita futura è nei mercati emergenti
Nonostante le difficoltà affrontate per tutto il 2023, i mercati azionari europei e americani hanno chiuso l’anno in verde, con ritorni percentuali quasi tutti a doppia cifra. Spesso, però, gli investitori tendono a concentrarsi solo su ciò che conoscono (molto) bene, ovvero mercati liquidi e sviluppati dal punto di vista organizzativo, ma anche solidi sul piano finanziario. Tuttavia, chi riesce ad estraniarsi da questa sorta di “pregiudizio”, e si avventura in mercati poco battuti, al netto di utilizzare sempre un’accurata selezione dei titoli, può effettivamente cogliere un trend di crescita più solido rispetto agli equivalenti sviluppati. Su questa scia si può quindi osservare che nel 2023, il Tadawul, la Borsa saudita, ha registrato una performance dell’ordine del +14%, quella di Dubai del +22% mentre quella di Taiwan del +36%. Numeri non esagerati, ma migliori dei corrispettivi Occidentali, soprattutto in anni particolari come il 2022. La crescita non è però solo in Asia o in Medio Oriente. Alcuni Paesi dell’Europa centro-orientale, entrati dopo la parentesi sovietica nell’economia di mercato, hanno mostrato una crescita altrettanto strepitosa. L’indice di riferimento polacco ha segnato un +36,5%, quello ungherese un +38,7% mentre quello ceco un +48%. Insomma, sebbene S&P 500 e Nasdaq (ma anche FTSE MIB e DAX) abbiano dato risultati più che soddisfacenti agli investitori, gli indici dei mercati emergenti non sono stati da meno. Investire in mercati lontani e poco correlati può quindi fornire un vantaggio specialmente per chi vuole ampliare la propria esposizione sull’azionario, senza però limitarsi ai soliti indici.
I Paesi emergenti, lo dice il nome, hanno il vantaggio di doversi ancora sviluppare completamente, e questo è un beneficio sia in termini di crescita della domanda, che ha ancora margini di miglioramento, sia in termini di adozione di nuove tecnologie, che sono già state sviluppate da terzi. L’arretratezza relativa, in questo caso, risulta un vantaggio, permettendo alle aziende locali di evitare il faticoso percorso di trials and errors. L’indiana Reliance Industries ne è un esempio concreto. Non ultimo, questi Paesi sono riusciti a ritagliarsi una posizione di spicco nella difficile era della globalizzazione, dove la competizione è più che mai sfrenata. Alcuni sono diventati produttori specializzati di beni manifatturieri (Vietnam, Turchia, Thailandia), altri esportatori di materie prime fondamentali per il corretto funzionamento dell’economia globale (gomma, derrate alimentari, rame). Questi sono però mercati lontani, dunque è preferibile selezionare gestori, come quelli sulla nostra piattaforma, in grado di cogliere le reali opportunità presenti e future.
Fonti: Bloomberg, Gavekal Research.
Di seguito l’ultima nota settimanale del nostro ufficio di Milano.
Nota settimanale 12.01.2024
- Panoramica macro
- La crescita futura è nei mercati emergenti
- Il declino di Alibaba
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