Inflazione al rialzo: il rischio è limitato
Quest’anno la paura di una nuova accelerazione dell’inflazione è tornata ad attanagliare la mente degli investitori. La preoccupazione è legata alle tensioni sul Mar Rosso, attraverso il quale passa circa il 15% del traffico marittimo mondiale. Dal 19 ottobre, giorno del primo attacco da parte degli Houthi (la milizia yemenita), il numero di navi che ha transitato attraverso questo passaggio cruciale è sceso drasticamente (a inizio gennaio il volume era al 66% rispetto al normale). Le compagnie navali stanno infatti dirottando i propri convogli verso l’Africa Occidentale, bypassando il canale di Suez e doppiando il Capo di Buona Speranza, una deviazione che aggiunge dai 7 ai 20 giorni di navigazione e circa un milione di dollari di costi legati al carburante. Gli effetti sono dunque chiari, soprattutto per quanto riguarda una possibile risalita dei prezzi. Anche i noli marittimi per la tratta Shanghai-Rotterdam sono schizzati verso l’alto, passando dai $1.500 di novembre fino agli attuali $4.000. Inoltre, gli attacchi hanno ridotto la disponibilità di alcuni beni, come la componentistica automobilistica, che ha causato uno stop alla produzione nello stabilimento Tesla di Berlino almeno fino al prossimo 11 febbraio. Non ultimo, l’Egitto teme ripercussioni economiche. Il pedaggio per il transito da Porto Said a Suez, che nel 2023 ha fruttato più di $10 miliardi e resta una fonte di entrate fondamentale per il Paese, potrebbe ridursi di molto, creando possibili instabilità interne.
Alla luce di tutto questo, il rischio di un’escalation della situazione è concreto, anche se, paradossalmente, l’inflazione potrebbe non subire grossi scossoni al rialzo. I noli sono saliti tanto, è vero, ma restano ben lontani dai $14.000 osservati durante la pandemia. Inoltre, i costi di trasporto contano solo per una piccolissima parte del valore complessivo di alcuni beni che pesano molto nel calcolo del CPI (Consumer Price Index). Nonostante ciò, è chiaro che il prolungamento delle tensioni nell’area porterebbe ad un incremento dell’inflazione non indifferente, secondo gli esperti quantificato nello 0,7% per fine 2024. La situazione potrebbe anche rivedere le aspettative degli operatori riguardo ai tagli dei tassi di interesse da parte delle banche centrali. Al momento, infatti, i trader si aspettano sei tagli a partire da marzo per quanto riguarda la Fed, anche se le prossime settimane saranno cruciali per capire se queste aspettative dovranno essere del tutto ridimensionate.
Fonti: Bloomberg, Financial Times, Kiel Institute.
Di seguito l’ultima nota settimanale del nostro ufficio di Milano.
Nota settimanale 19.01.2024
- Panoramica macro
- Inflazione al rialzo: il rischio è limitato
- E l’ora delle mid-cap americane
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